Bisogna insegnare la motricità ai bambini piccoli? Forse dobbiamo insegnare ai bambini piccoli i movimenti, in modo che li possa fare meglio rispetto al modo in cui li farebbe da solo? O almeno dobbiamo metterlo in situazioni nuove e stimolanti per farlo sperimentare? Tutto ciò sembra abbastanza logico: noi siamo adulti e sappiamo, lui è invece piccolo e forse non sa?
Tutte queste domande sono domande legittime che la maggior parte di genitori si pone, in quanto mirano ad ottenere il miglior sviluppo possibile per i loro bambini. Tutto ciò poiché nella nostra epoca si pone molto l’attenzione sulla stimolazione, l’anticipazione e l’attivazione di un bambino piccolo. Un’epoca dove tutto e tutti devono essere al passo coi tempi. Un’epoca in cui l’adulto spesso anticipa azioni, reazioni, emozioni, comportamenti, tempi, bisogni del bambino.
Nei suoi studi, Emmy Pikler dimostrò, in particolare, che i bambini posizionati prematuramente in delle posizioni che non padroneggiano da soli, mostrassero poi una tensione ed una rigidità muscolare notevole: quando ad un bambino viene anticipata una posizione corporea innaturale per la sua crescita, gli si impone anche un’azione, una reazione corporea, un ritmo ed un equilibrio innaturale. Per evitare di creare inutilmente queste tensioni e rigidità muscolari, ed emotive nei bambini piccoli, Emmy Pikler consiglia di lasciare il piccolissimo libero a terra, in un tappeto semirigido in posizione supina, con la spontanea libertà di ottenere, scoprire, comprendere, provare, sbagliare, riprovare, sviluppare e conquistare da solo tutte le posizioni intermedie che esistono nella crescita motoria del neonato, precedenti e antecedenti alla posizione prona, alla posizione di gattonamento, alla posizione seduta, alla posizione eretta.
Quando un bambino viene messo dall’adulto in una posizione che non padroneggia e da cui non sa poi come uscirne, egli si irrigidisce, spesso piange, si arrabbia, ne esce bruscamente mettendosi spesso in pericolo. Ad esempio, il bambino che è stato messo precocemente nel girello non gli è stato offerta la possibilità di sperimentare da sé che, quando si trova in situazione di insicurezza in piedi, senza girello, può abbassare il suo centro di gravità, quindi il suo corpo e chinarsi; generalmente tenderà invece a sedersi, lasciandosi andare e spesso buttandosi all’indietro, mettendosi in pericolo.
Altro esempio: il bambino che non ha ancora sufficientemente maturato e sviluppato un tono muscolare adeguato del torace, in modo tale da permettergli di stare seduto da solo, nel momento in cui viene messo dall’adulto in posizione seduta, sostenuto da cuscini o qualsiasi altro elemento di sostegno, quando si sente stanco o scomodo non può cambiare posizione. Si innervosisce, si irrigidisce e piange. Egli dipende così necessariamente dalla possibilità che l’adulto si accorga della sua scomodità e che gli cambi posizione. Ciò, con l’andare del tempo, rafforza il sentimento di impotenza e di dipendenza del bambino.
Concludo lasciandovi questo pensiero di Henri Wallon:
“ Nel bambino piccolo […] solo il movimento può essere testimone della vita psichica, e la rappresenta interamente, almeno fino a quando non compare la parola.”
Bibliografia consigliata:
Pikler E., Datemi tempo. Lo sviluppo autonomo dei movimenti nei primi anni di vita del bambino, Bologna, Edizioni Scientifiche, 2015.
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Una risposta.
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