Negli ultimi periodi si sente parlare spesso di come sia fondamentale educare, fin da bambini, alle emozioni. Sembra un paradosso o una cosa molto complessa, mentre, in realtà, educare alle emozioni significa semplicemente permettere ai bambini, che saranno gli adulti di domani, di conoscere, sperimentare, capire le emozioni al fine di saperle riconoscere e gestire.
Accade in molti Paesi dell’Europa attraverso quelle che vengono definite lezioni di empatia. In realtà, il percorso che andrebbe a caratterizzare l’educazione sentimentale, ribattezzando Flaubert che così intitolò un suo romanzo, metterebbe in primo piano il concetto di formazione emotiva, che andrebbe ad accrescere lo sviluppo dell’individuo sin dalla prima infanzia. Inoltre, attraverso un diverso modo di educare alle emozioni e alle differenze di genere si attiverebbe un cambiamento culturale che soltanto dalle basi può partire, per poi portare a trasformazioni a lungo termine.
Un insegnamento che promuove percorsi di formazione per stimolare la capacità di riflettere sull’affettività, e che fornisce strumenti per sradicare pregiudizi e stereotipi di genere, può essere un primo ed importante passo verso la trasformazione della società stessa e di una nuova forma di cittadinanza.
L’emotività ricopre una parte consistente e fondamentale nello sviluppo della persona. Proprio per questo motivo conoscere le proprie emozioni, comprenderle e saperne parlare consente di:
• ottimizzare le proprie risorse
• aumentare la capacità di comunicare e di mettersi nei panni dell’altro (empatia)
• attivare il potenziamento dell’apprendimento cognitivo
• guardare alla realtà attraverso diversi punti di vista, sentendosi maggiormente predisposti al confronto e allo scambio
La scuola, la famiglia e le associazioni sportive dovrebbero essere i riferimenti educativi e culturali dei bambini, che saranno gli adulti di domani e dovrebbero prendersi in carico il grande potenziale che hanno, quando si tratta di stare a contatto con i bambini.
Sentirsi maggiormente capaci di gestire fallimenti o emozioni negative di domani, è possibile soltanto se, fin dall’infanzia, si alimentano sentimenti di affetto, riconoscenza e condivisione.
Il riconoscimento e la gestione della rabbia, ad esempio, è uno dei più importanti patrimoni emotivi che un genitore può trasmettere al proprio figlio. Insegnare a riconoscerla, a comprenderla, a non trattenerla o evitarla ma piuttosto a verbalizzarla e gestirla, sarà di grandissimo aiuto quando, da grandi, si troveranno a fare i conti con situazioni di stress emotivo e di nervosismo.
Dedicare fin dalla prima infanzia un tempo per letture mirate al riconoscimento e alla comprensione delle emozioni, attraverso libri mirati e giochi sull’emotività, sarà sicuramente un buon modo per donare al bambino la libertà di potersi esprimere attraverso i suoi stati d’animo, senza sentirsene sopraffatto o spaventato.
Solo con un’educazione sentimentale che parte dalle basi si può pensare ad una crescita educativa e culturale della società e ad una maggiore solidarietà tra uomini e donne. Un bambino capace di verbalizzare le sue emozioni, sarà certamente un adulto meno spaventato, più consapevole e, di conseguenza, più predisposto allo scambio e alla riflessione.
A questo proposito torna utile e di grande importanza, per chi non lo avesse ancora letto, fare riferimento a un grande testo scritto dal docente di Psicologia di Harvard, Daniel Goleman “Intelligenza emotiva”. Questo testo, oltre ad aver venduto molte copie nel mondo, ha contribuito a sviluppare maggiore interesse sulla sfera dell’emotività e dell’affettività, fin dalla prima infanzia.
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